Agenda dei Poeti 2003
Prolusione
Talvolta mi capita di svegliarmi in un letto e
di chiedermi: dove sono, dove mi trovo? e di faticare a mettere
insieme gli elementi d’identificazione indispensabili per dare forma
e sostanza alla ripresa di percezione della realtà.
L’altro giorno il sogno che accompagnava il mio
sonno si è materializzato su una anticipazione di questa giornata:
mi trovavo sicuramente in questa sala, ne percepivo i contenuti,
identificavo addirittura alcune persone, ma, invece di ricavare un
effetto benefico determinato dall’incontro con la poesia, con questa
mitica città dell’Utopia, quasi personificazione dell’ideale
concepito da Tommaso Moro, mi scoprii indifeso, con una sensazione
diffusa di disagio, quasi di angoscia.
Lo svegliarmi in piena notte, con
l’inevitabile dilatarsi di tutti gli influssi che le tenebre sanno
indurre, mi condusse a cercare di comprendere quale fosse la portata
del messaggio che i poeti si propongono, forse con un pizzico di
ingenuità, di trasmettere.
Ma come può il poeta
immaginare di perforare con pochi versi la patina d’indifferenza che
ricopre il mondo attuale, nel quale è stata completamente
dimenticata la capacità di comunicare con semplicità, ponendo le
parole a servizio degli altri, affinché esista la possibilità di
superare gli ostacoli che noi stessi ci poniamo nel rapporto
quotidiano?
Il cinismo è divenuto l’elemento
dominante, i nostri interessi sono gli unici che contano e divengono
prevalenti, l’uomo si ripiega su se stesso facendo mancare il valore
fondamentale della sua umanità: l’essere animale sociale che riesce
a scovare fra le motivazioni dell’esistere quella di vivere in
armonia con altri individui a lui simili.
La scelta è ormai compiuta, la
strada imboccata non può che sbucare nella solitudine, che diviene
libera scelta e non più basto che qualcuno molto malvagio ha deciso
di imporci per rendere sempre più arduo il cammino.
E allora ecco apparire come
splendida seduzione il poeta, quale salvifica speranza di
redenzione, che con il suo canto privo di compromessi, elevato a
religione pura, annulla i valli spalancati dall’incomprensione,
riuscendo ad inviare un messaggio universale.
Ma ne siete sicuri? Non state forse
autoincensandovi credendo di svolgere una suprema funzione nella
società?
Non cercate, forse, nella poesia un
rifugio personale, quindi precipitate in una forma sottile, ma ancor
più raffinata di egoismo, dato che in pratica dialogate solo con il
vostro io?
E siete certi di essere realmente
letti, o le opere pubblicate che alcuni acquistano andranno ad
arricchire numericamente biblioteche più o meno sofisticate senza
che i contenuti che avete proposto abbiano minimamente scalfito i
destinatari?
Tutto sarà molto vicino al canto
dell’ultimo chiurlo esquimese, che, disperatamente, seppur con
tenacia, lancia il suo grido per salvare la sua specie
dall’estinzione, oppure sarete come Peeperkorn ne la “Montagna
Incantata” di Thomas Mann che pronuncia parole di senso compiuto
senza nessun ordine logico affidandosi solamente alla sua
autorevolezza per essere seguito ed ascoltato?
Per fortuna questa visione è stata
solo un sogno, la realtà che viviamo è ben più consolante e colma di
grandi aspettative che attendono solo un nostro breve cenno per
concretizzarsi!
Tuttavia, al di là della facile
ironia, credo che il poeta proprio in questa manifestazione abbia
l’occasione di far ascoltare il suo pensiero: l’Agenda dei poeti che
sarà approntata con molte delle vostre liriche, costringerà, magari
“obtorto collo”, molti a leggervi, molti a fermarsi per un attimo a
riflettere, pochi, forse, a rileggere con attenzione per comprendere
a fondo il vostro reale messaggio: in quei momenti il poeta diviene
veramente tale e il suo canto non sarà stato lanciato invano.
Roberto Bramani Araldi
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