Marionettedi Flora Tonni Un giorno in cui più tangibile era la percezione mi incamminai, di sera, una sera straordinariamente dolce dopo una giornata burrascosa, corrucciata, nella quale il cielo scuro ed ostile aveva voluto impartire una lezione aspra a chi incauto volesse interpretare la realtà con occhio benevolo, attraverso venti e piogge inconsuete in un’estate di mare di solito colma di suadenti suggestioni; mi incamminai lungo la passeggiata a mare, solo, le mani sprofondate nelle tasche, con la sensazione che il mondo intero mi rivolgesse un ghigno compiaciuto per il vuoto che attraversava il mio animo e in quel momento nel quale la bellezza intorno diveniva solo espressione di un nulla senza confini percepii l’essenza di ciò che la poesia di Flora aveva voluto comunicare, di ciò che in questo suo libro, disperato, ma propedeutico, aveva fatto emergere come “sughero corroso dall’acqua” - sono le sue parole intrise di pacata dolcezza -. Sì, la sua poesia è intimistica, è rappresentazione di stati d’animo, di momenti di personale sofferenza o di istanti di momentanea, breve gioia, ove le passioni, le delusioni, le aspirazioni confluiscono in un unico alveo a formare un fiume tumultuoso nel quale è difficile discernere che cosa prevalga, ma certamente il dibattersi intorno al concetto del significato dell’esistenza diviene preponderante e rimane, purtroppo, senza risposta. E allora la solitudine, compagna spietata e non gradita, alla quale può recar sollievo solo saltuariamente qualche piccola, tenue pausa di felicità interiore, diviene il tema dominante, angosciante, ricorrente, avendo sempre la percezione di non riuscire a liberarsene, anzi avendo la ferma certezza che il destino dell’uomo non possa essere null’altro che questo vagare soli nel mare magnum dell’incomprensione, dell’indifferenza, nella quale il poeta, con la sua esasperata sensibilità, non può che incrementare la personale sofferenza nella consapevolezza che nulla e nessuno potrà attenuarla. Quindi il ricorrere della tristezza, accompagnata dalla melanconia, alla quale ci si può anche abbandonare con un sottile piacere, perché anche le lacrime possono essere un balsamo a cui aggrappare un sottile velo di speranza. Thomas Mann afferma che il poeta sa esprimere con bellezza e sicurezza la propria vita interiore e che in tal modo arricchisce il mondo sentimentale degli altri, ecco questo è il messaggio universale che il poeta sa lanciare nell’etere, affinché l’uomo comune, inteso come colui che risulta incapace di convertire in parole correnti il proprio sentire, riesca ad entrare in sintonia, in vibrazione sincrona con la sensitività di chi scrive: in questo momento la poesia, così detta intimistica, trascende il suo io, acquisisce aneliti speciali, intona un canto percepito e percepibile ovunque, abbatte le barriere del tempo personale, si libra a livello di cultura superindividuali e va a sollecitare le corde del sentimento altrui, crea osmosi fra mondi e pensieri diversi, diviene universale. Marionette in molte sue liriche riesce veramente ad uscire dalle sue stanze, a trasmettere sensazioni vibranti a chi sa andare oltre il semplice disattento approccio dell’annoiato lettore. I temi da Flora affrontati, oltre alla ossessionante analisi della solitudine e della inevitabile, connessa tristezza, sono molteplici, l’incomprensione soprattutto, come naturale conseguenza e come patologica causa, infine, della solitudine stessa, e il pessimismo nel futuro nel quale si intuiscono solo eventi oscuri e tetri nella concezione che solo il passato abbia saputo dare, proprio perché passato e perciò conosciuto e perciò non incognito e perciò non terrorizzante perché imprevedibile e non programmabile, quelle gioie che forse, nell’attimo in cui si determinarono, non vennero compiutamente apprezzate, ma poi, attraverso il filtro del tempo e del ricordo, vennero enfatizzate fino ad assurgere a mito, anche in funzione di quella superba vernice immaginativa che gli anni della giovinezza riescono a dare. In tutto questo intreccio di sentimenti, con la consapevolezza di quanto possa influire l’implacabile scorrere del tempo a modificare e ad annullare la possibilità di reperire il senso di vita, poiché la giovinezza “si fugge tuttavia, del doman non c’è certezza” ricorre un senso d’inadeguatezza, quasi che la poetessa senta dentro di sé l’incapacità di esprimersi compiutamente, di comunicare per farsi comprendere, di riversare quei grandi tesori interiori che forse tutti noi non riusciamo a manifestare in modo esaustivo e disinibito per essere assolutamente trasparenti agli altri in una idealizzazione utopica ove gli altri possano divenire altrettanti noi stessi in un paritetico confronto esente da schermi e da barriere artificiosamente costruite a difesa di un mondo interiore che dovrebbe invece essere aperto e discernibile. Infine l’amore, in questa eterne suggestione c’è tutta l’essenza della poetessa, la scoperta, la gioia, l’abbandono, ma anche la concezione della incredibile, fallace, caducità del sentimento, che, è vero, sublima lo spirito, ma riesce anche, allorché attenua la sua policroma effervescenza, ad incrementare il senso della delusione e della tristezza e, ancora una volta, della solitudine. Roberto Bramani Araldi |
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