Roberto Bramani Araldi

Agenda dei Poeti 2010 - Prolusione

AGENDA DEI POETI 2010 - PROLUSIONE

 

Quando un prodotto comincia ad avere successo, quasi contemporaneamente emergono, come funghi dopo un periodo piovoso, ma abbastanza caldo, i prodotti d’imitazione, che cercano, spesso in modo maldestro, di catturare un poco di luminosità, di sottrarre con l’equivoco, oppure giocando sulla sottile lamina dell’offerta a costo più basso, una parte di quel mercato divenuto appetibile. Così si hanno magliette Lacoste, che non lo sono, ma lo sembrano: il coccodrillo è più grande, meno stilizzato, il tessuto è più scadente, ma assomigliano, sono in offerta e attirano il compratore meno smaliziato.

Sembrerà strano, ma la medesima vicenda coinvolge anche l’Agenda dei Poeti, della quale sono ricorrenti le imitazioni, anche scarsamente fantasiose, come l’Agenda della Poesia oppure l’Agenda poetica e persino l’Agenda del Poeta, al singolare. Questi eventi offrono una sola lettura: l’Agenda dei Poeti e il premio che ne è l’emanazione sono certamente un prodotto di grande successo.

Se si parla di successo non può non essere sottolineato che a questo premio sono pervenute centinaia di liriche, a dimostrazione di una crescente attenzione di chi scrive verso questa forma particolare d’espressione che è la poesia. Ci si chiede sovente cosa spinga persone delle più diverse estrazioni ad allineare, combinare, associare parole, frasi, per costruire un’impalcatura che rappresenti l’idea, un’idea, per riverberarla verso l’inconsapevole lettore, talvolta riuscendo ad abbagliare con figurazioni inattese, che riescono ad imprimersi e a non essere lasciate precipitare nell’oblio.

Ecco forse l’oblio può costituire una delle chiavi d’interpretazione. L’uomo – come con grande capacità di pensiero afferma Salman Rushdie nel “L’incantatrice di Firenze” – ha creato un dio, qualunque esso sia, ma questo dio forgiato dalla mente umana è divenuto così immanente e così potente da non poter essere dallo stesso uomo distrutto, annullato, sostituito. Diventa superindividuale, diventa eterno, superando il vincolo del tempo, valicando la mortalità dell’uomo e l’uomo che lo ha creato ne diviene automaticamente schiavo fino all’abbandono della vita, fino alla definitiva sparizione, poiché quando saranno scomparsi anche coloro che avranno la capacità di ricordare quelli che ricordavano, nulla rimarrà se non un nome…

Ma secondo Josè Saramago in “Tutti i nomi” anche questo nome finirà per scomparire, come accade nel suo immaginario immenso cimitero di una altrettanto fantastica città che ha conservato intatti i sepolcri di tutti gli abitanti che lì vissero: le lapidi sbiadiscono e anche l’unico elemento che possa ricordare chi è vissuto, pur senza alcun significato per i contemporanei, sparisce e rimane solo il nulla come unica rappresentazione di una commedia senza protagonisti.

Ancestralmente lo scrivere può essere il grimaldello cercato per aprire la porta del ricordo, lo scrivere, come afferma in “Felicità imperfetta” Annalina Molteni, può essere l’unico lembo di spiaggia destinato alla felicità in un’isola costellata da dirupi a picco sul mare, può essere il modo per esprimere creatività, per vivere più compiutamente attraverso l’estrinsecazione dei propri sentimenti, nella cadenza di versi o di frasi di prosa che riflettano l’essenza dell’autore.

Può essere, infine, la scappatoia che serve a sanare i “lividi dell’anima”.

Churchill disse che un essere umano non può affermare di aver realmente vissuto se non riuscirà a scrivere un libro nel corso della vita, certamente forzava il concetto, connotandolo in una dimensione provocatoria, tuttavia credo che, pur senza alcuna precisa volontà in questa direzione, desse un senso all’anelito dell’uomo di convertire pensieri in scritti, a giustificazione di quel desiderio d’eternità che vive instancabilmente in tutti noi.

Roberto Bramani Araldi

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