Agenda dei Poeti 2012 - ProlusioneAGENDA DEI POETI 2012 - PROLUSIONE Fra i miei tanti amici, ho il piacere di annoverare un insigne professore universitario, del quale non voglio citare né l’Università di appartenenza, né la materia d’insegnamento, in rispetto della sua personale vita privata, non certo per uno stolto timore della legge che regola la “privacy”. E’ una persona di elevato livello culturale, che, purtroppo, ha subito un oltraggio alla sua salute attraverso un piccolo ictus che lo ha privato di una completa mobilità facciale, tanto che il suo sguardo appare poco vivace tanto da conferirgli un aspetto praticamente trasognato. Lui, con un senso dell’umorismo davvero notevole, afferma che in quelle condizioni, con un viso inebetito, non può esimersi dal dire cose che abbiano almeno la parvenza di essere intelligenti, altrimenti ci sarebbe una perfetta sovrapposizione fra aspetto e contenuti delle sue esternazioni. Se mi trovassi in una condizione analoga potrei rifugiarmi nell’aspetto per evitare di essere innovativo, dato che l’esporre ogni anno qualcosa che non sia scontato, o peggio ripetitivo, può divenire ossessivo e fonte di sconvolgenti frustrazioni. Leo Chiosso, che mi piace ancora una volta ricordare come inimitabile Presidente di Giuria nei primi anni di vita di questa meravigliosa Agenda dei Poeti, riusciva, con la sua simpatia, coniugata ad un’innegabile istrioneria, ad avvincere la platea, recitando, a memoria, quella sua splendida poesia, intitolata “La donna alta”, ma io cosa posso dire oggi, di cosa posso parlare non possedendo, neppure in minima parte il suo gusto teatrale? Mi rifugerò allora in Josè Saramago, poeta, scrittore, premio Nobel per la letteratura nel 1998, scomparso nel 2010, il quale, in una sua intervista affermava con convincimento che lo scrivere è nient’altro che un lavoro e, forse con un pizzico di falsa modestia, non si doveva sublimare lo scrittore, evitiamo di conferire alla professione una sacralità che non gli deve competere. Occorre solo farlo nel modo migliore per confezionare un prodotto di qualità, così come un ciabattino che fabbrica scarpe: se lo fa molto bene, se le scarpe non sono strette e hanno una forma gradevole, allora il suo lavoro va a rivestire la medesima sacralità che siamo disposti a donare con dovizia allo scrittore e al poeta. Saramago fu certamente innovativo, la sua prosa ignora molto spesso la punteggiatura, usa le virgole, invece dei punti che molti scrittori userebbero nelle medesime circostanze, quindi i suoi periodi possono essere lunghi anche più di una pagina, come faceva anche Proust del resto, senza mai incappare nelle secche di un discorso difficilmente comprensibile. Ma su questa analisi dissacrante, che mi trova ovviamente in accordo, altrimenti non vi avrei coinvolto, si allinea un altro poeta portoghese, Fernando Pessoa, uno dei più grandi poeti del novecento, il quale, in un suo aforisma sentenzia che: “Il poeta è un mentitore. Finge così completamente che arriva a fingere il dolore quel dolore che davvero sente”. Anche qui una leggera falsa modestia? Un fishing for compliments, come dicono gli inglesi allorché si va alla ricerca di un complimento altrui? Certamente Pessoa esaspera il concetto con un paradosso, nel momento che reputa che il raggiungimento della felicità può consistere nell’uscire di casa, in una giornata serena e soleggiata, per raggiungere l’ufficio, per raggiungere, soggiungo io, una delle poche certezze in possesso della gran parte dell’umanità – all’ufficio si può sostituire qualunque professione o mansione – e quando questa certezza diviene profonda e consapevole allora il cerchio è finalmente chiuso e l’animo può respirare l’aria consueta, adagiandosi fra i cuscini di protettive consuetudini fino ad ottenere una celestiale beatitudine. Perciò, d’ora in avanti, voi che scrivete con tanta passione poesie e racconti e romanzi, sappiate che state svolgendo solo un lavoro, neppure ben retribuito!! Roberto Bramani Araldi Roberto Bramani Araldi |
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